LA FIGLIA DELLA TIGRE
Dettagli Autrice: Torey L. Hayden
Traduttore: S. Piraccini
Editore: TEA
Anno edizione: 2012
Numero di pagine: 260 p.
EAN: 9788850228034
Sheila è cresciuta in un'atmosfera di violenza indescrivibile. Abbandonata dalla madre sull'autostrada a soli quattro anni, non ha mai avuto qualcuno che si occupasse di lei, e la mancanza di amore e di speranza l'ha resa selvaggia, intrattabile e ostile. A sei anni entra a far parte della classe di "bambini difficili" di Torey Hayden, che rimane colpita dal coraggio della piccola Sheila tanto da decidere di raccontarne la vicenda nel libro "Una bambina". Ma che cosa è successo dopo? "La figlia della tigre" è la risposta a questa domanda: il racconto della lotta che Sheila ha condotto per anni, da sola, per riscattarsi dagli abusi, dall'abbandono e dalla violenza del mondo in cui era costretta a vivere.
Recensione di La figlia della tigre di un libro a sera (da Erika)
Torey Hayden ha il dono raro di trasformare la pedagogia e la psicologia in narrazione viva. La figlia della tigre non è un manuale tecnico, ma un racconto che vibra di umanità: ci porta dentro la vita di Sheila, la bambina che avevamo conosciuto in Una bambina, ora adolescente, e ci fa sentire il peso delle sue ferite e la forza della sua resilienza.
Un’esperienza personale di lettura
Per comprendere meglio alcuni aspetti del libro, prima di scrivere questa recensione ho chiesto spiegazioni a un mio ex compagno di scuola, oggi scrittore di romanzi e laureato in pedagogia. Le sue parole mi hanno aperto la mente, il cuore e gli occhi su molti dettagli che non aveva considerato, e proprio a lui che ha consigliato a me e a mia figlia di leggere i libri di Hayden, devo un grande grazie: un suggerimento che si è rivelato prezioso e arricchente.
La figlia della tigre è un libro che non si dimentica. Hayden riesce a trasformare la sofferenza in consapevolezza, la pedagogia in narrazione, e ci invita a guardare la realtà senza filtri, con la certezza che la resilienza può cambiare il destino.
Lo stile narrativo
Hayden scrive con la penna di una romanziera. Alcuni critici hanno rimproverato la mancanza di rigore tecnico, ma è un errore di prospettiva: il suo obiettivo non è redigere un trattato di psicologia, bensì avvicinare il lettore alle difficoltà quotidiane di bambini segnati da traumi fisici ed emotivi. La sua scrittura rende accessibile un mondo complesso, permettendo di comprendere le piccole e grandi vittorie che, in un contesto di dolore, diventano conquiste straordinarie.
L’approccio terapeutico-pedagogico
Un altro punto spesso criticato è la flessibilità del suo metodo. Hayden non si piega ai dogmatismi delle scuole dominanti negli anni ’80 e ’90, come la psicodinamica o il comportamentismo, che tendevano a incasellare i bambini in schemi rigidi. Lei sceglie invece un approccio adattabile, umano, capace di rispondere alle esigenze reali dei suoi allievi. Questo la porta a scontrarsi non solo con le teorie, ma anche con la dura realtà economica: poche risorse, pazienti trattati come numeri o fonti di guadagno. Hayden, al contrario, mette al centro la persona, e questo è ciò che rende il suo lavoro rivoluzionario.
La tristezza che entra nel cuore
Leggere La figlia della tigre significa anche accettare di provare dolore. Non è un difetto, è un segno di sensibilità. Hayden ci ricorda che ignorare certe realtà non le cancella: esistono, e averne consapevolezza è il primo passo per migliorare. Non sempre ci sono lieti fini, e questo libro lo dimostra. Ma proprio questa verità cruda ci spinge a fare il meglio possibile, a non arrenderci di fronte alle difficoltà.
Il destino dei suoi allievi
Una domanda che rimane sospesa è: come vivono oggi i bambini di cui Hayden ha scritto? Alcuni hanno dato il loro contributo, altri hanno trovato una strada diversa. Sheila, la protagonista, ha raccontato di essere felice ora. È un segnale potente: nonostante tutto, la speranza può vincere.



